Un tipo particolare di esperienza estetica legata ai concetti di impermanenza e irregolarità (wabi-sabi), in cui il processo di invecchiamento riveste un valore positivo, è particolarmente presente nel contesto della cerimonia del tè giapponese. Questa cerimonia chiamata chanoyu include elementi ed oggetti specifici quali la ciotola raku, il chasen, il giardino, l‘ikebana, il bollitore che ricorda il suono della pioggia, i gesti rituali per la preparazione del tè matcha,( un tè verde cotto al vapore e macinato a polvere) il profumo ed il sapore di questo, insieme alla sensazione tattile di “tenere e roteare la tazza, sul palmo della mano per berlo”. Questa forma d’arte giapponese celebra l’impermanenza, la mutevolezza del tempo in connessione con la natura e quindi con le stagioni. In questo senso è interessante notare l’approccio diverso dall’ Occidente, che invece celebra il valore dell’arte come immutabile e stabile nel tempo. Il concetto giapponese dell’impermanenza è talmente importante come valore estetico, che all’interno della casa da tè viene espresso tramite un ideogramma su un supporto di seta che cita il motto: ichigo ichie (“una sola volta, un solo incontro”). Con questa espressione coniata dal famoso maestro del tè giapponese Sen No Rikyu (1522-1591) si fa riferimento al valore di un momento unico ed irripetibile e quindi al concetto di transitorietà del buddismo zen. L’evento del chanoyu coincide sempre con fenomeni spontanei legati alle condizioni atmosferiche che ne sono parte integrante e nonostante la cerimonia sia in qualche modo codificata, è vissuta sempre come evento unico ed irripetibile.

A proposito di ciò il filosofo giapponese Okakura Kakuzo dice:

La cerimonia del tè ha in sè questo atteggiamento verso la vita nell’elegante semplicità della casa da tè e dei suoi utensili creati secondo uno stile  che rifiuta l’idea di una bellezza appariscente ed opulenta.

Takeno Joo (1504-1555), uno dei più grandi maestri del tè giapponese, insisteva sull’idea per cui

la cerimonia del tè doveva essere spoglia e semplice come i dipinti zen, che con un solo tratto di pennello racchiudono l’essenza di un concetto.

A questo valore di semplicità essenziale (wabi) viene accostato il gusto sabi, quando l’oggetto, ha acquisito la “traccia del tempo” o come l’ha tradotta lo studioso Donald Richie “patina rustica”. La ciotola raku usata nella cerimonia del tè possiede appunto queste caratteristiche.

Contenitore Yabure Bukuro, prodotto in Giappone nel XVII sec.

Per citare alcuni esempi, come ricorda la studiosa Yuriko Saito, teiere e vassoi di lacca sono oggetti ancora molto apprezzati nella tradizione estetica giapponese, soprattutto se presentano la tracce del tempo, come la famosa brocca yabure bukuro del diciassettesimo secolo. Un’altro oggetto importante per la storia del tè giapponese rappresentativo dell’estetica wabi-sabi, è il vaso di bamboo del sedicesimo secolo attribuito a Sen no Rikiu, fondatore della cerimonia wabi del tè, caratterizzato da una crepa sulla grana della superficie prodotta durante l’esecuzione.